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In questi disegni Evfrosinija Kersnovskaja (1907-1994)
descrive la violenza dell’ideologia e la sua odissea
attraverso il gulag. Un viaggio durato dodici anni, da
cui Evfrosinija (o meglio Frosija, come tutti la
chiamavano affettuosamente) è uscita viva. Ma a rendere
straordinaria la Kersnovskaja
non è tanto questo privilegio del destino, quanto il
merito d’aver raccolto tutti i suoi ricordi in dodici
grossi quaderni, accompagnandoli con centinaia e
centinaia di disegni. Documentando così in presa diretta
la menzogna di un sistema. |
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Le vicende narrate nel libro iniziano nel
giugno 1940, con l’invasione sovietica della
Bessarabia e l’infuriare della campagna
contro i «contadini
ricchi». Nel suo diario Frosija annoterà:
«“Dal sublime al ridicolo non c’è che un
passo”, diceva Napoleone. Forse dal
grandioso al criminale c’è ancor meno?
In meno di un anno un paese ricco come la
Bessarabia era stato completamente
devastato!».Nella notte del 13 giugno 1941
vengono caricati su un carro bestiame quasi
duemila «borghesi».Evfrosinija è tra questi:
«Ricordo ancora gli spintoni per cacciarci
nel vagone strapieno di umanità sgomenta e
straziata». |
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Destinazione: regione di Novosibirsk. È
l’inizio di un viaggio attraverso i lager
della Siberia, la cui rotta è segnata per la
Kersnovskaja dai tre comandamenti del
recluso elencati da Solgenitsin («non
credere, non temere, non chiedere»).Cui lei
stessa aggiunge da subito un quarto: non
tacere. Anche nelle condizioni più
terribili, «Frosija ha sempre difeso la
propria identità - racconta Chapkovskij -.
Le sue stelle polari erano valori come
l’onestà e la fedeltà, cui non è mai venuta
meno. Ripeteva: “Basta cedere una volta per
trasformarsi in un misero verme. Ma questo
destino non fa per me: io sono una
persona!”». |
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Apprezzando le sue doti artistiche, in lager
le commissionano manifesti di propaganda. Ha
così accesso a carta e colori, che di
nascosto sfrutta per costruirsi un
quadernetto di fortuna: è una prima idea di
ciò che sarà il suo diario, presto requisito
(«oggi si trova
in qualche scaffale del Kgb»). |
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Per Frosija «disegnare era una necessità
vitale-spiega Chapkovskij -:l’aiutava a
vivere e a capire la realtà. Non poteva
limitarsi a narrare ciò che viveva. Doveva
anche farlo vedere». |
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Una delle parti più interessanti di queste
memorie è il racconto della fuga
rocambolesca della Kersnovskaja dal confino
nella primavera del ’42: 1500 chilometri a
piedi nella tajga, in sei mesi. Una
decisione che le costa, dopo la cattura, una
condanna ancor più pesante al lager di
Noril’sk, oltre il Circolo polare. |
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Qui lavora come minatrice e infermiera,
manovale e scaricatore. Nel 1952 viene
liberata («anche se sulla sua fedina
continua a pesare il famoso “paragrafo 39”,
così detto dal numero di città in cui non
poteva stare») e può raggiungere la madre a
Essentuki, nel sud della Russia, dove nel
'64 inizia a scrivere il suo libro. |
Testi tratti da Il Giornale
del 24 gennaio 2009 |
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NOTA: Chi vede queste
immagini non può fare a meno di andare con
la memoria alle foto scattate ad Auschwitz
nel lager tedesco. |
In effetti non c'è molta
differenza. |
Questo fa capire che è
troppo semplicistico ed anche ipocrita far
passare il nazismo come male assoluto.
Purtroppo "mali assoluti" contro
l'umanità ce ne sono stati molti altri ed in
tutte le parti del mondo. |
A cominciare dal genocidio
degli Armeni (vedi
qui). Un elenco dei
più grandi sterminatori di massa si può
vedere qui. |
Se non vogliamo dimenticare,
è bene che gli orrori si conoscano tutti. |
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