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IL PROFESSORE GRONDA BONTA' DA TUTTI GLI ARTIGLI

Cardinale Ruini

Spazio dedicato alle migliori performances di

 

“Solo chi ha una faccia da stupido riesce ad entrare alla Camera dei Comuni, ma soltanto chi è stupido per davvero vi fa carriera”
(O. Wilde)

PRODI

 

In basso: LA VITA POLITICA E PROFESSIONALE DI PRODI

 

E' TORNATO CON IL MAL D'AFRICA

 

MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIU'?

Il nostro Romano "testa quedra" è tornato abbronzato dall'Africa.

 

 Le sue dichiarazioni fanno capire che anche lui è stato colpito dal "mal d'Africa".

Ma il suo male non è la nostalgia della savana: è soltanto un colpo di sole prolungato che ha messo definitivamente fuori uso il cervellino del nostro, già compromesso dalle snervanti ed umilianti lotte di sopravvivenza durante la sua permanenza al governo.
Forte della sua demenza ha dichiarato:
"Berlusconi dice che in 58 giorni ha sgomberato Napoli? Non lo avrebbe mai potuto fare se non fosse stata pulita quasi per la totalità Si può dire che noi l'abbiamo pulita, lui l'ha lucidata."
Veltroni su Youdem (voi dementi) dice che Napoli è rimasta una pattumiera e non è mai stata liberata dai rifiuti ... Fate voi.
Sull'esercito a Napoli ha detto:
"Lo abbiamo mandato noi, ha lavorato sotto il mio governo, ha lavorato bene".
Bertolaso invece dice che durante il governo Prodi aveva chiesto l'intervento dell'esercito al capo di Stato maggiore della Difesa che gli ha risposto: "I soldati non possono fare gli spazzini".

Povero Prodi, l'abbiamo perso.

 

PER NON DIMENTICARE

 

 ALLELUIA

24 gennaio 2008

 

IL NUOVO GOVERNO

 

 

Dopo la caduta del governo, Napolitano ha affidato ancora a Prodi il compito di formare il nuovo governo.

Si dice che Prodi sia riuscito a risolvere i contrasti che erano nati con la sinistra radicale, causa della sua prima caduta.
Ha quindi presentato ai suoi alleati 12 punti da accettare e sottoscrivere senza obiezioni.
Sembra però che ci sia anche un tredicesimo punto su cui la sinistra radicale non vuole mollare.
 
 

PRODI ALL'ESTERO

 

COME VEDONO ALL'ESTERO IL NUOVO INCARICO AFFIDATO A PRODI

 
L'ipotesi di un nuovo incarico di formare il governo affidato a Prodi ha fatto scrivere ai giornali esteri:
 
TAGESSPIEGEL - In Italia le dimissioni non significano necessariamente dimissioni, ma sono uno strumento per mettere in riga.
SUDDEUTSCHE ZEITUNG - Un numero da circo bene noto: una donna viene rinchiusa in una cassa e segata in due, per poi uscire intatta come per miracolo dalla scatola magica.
LE MONDE - Prodi bis sarebbe tanto fragile quanto quello che è caduto. La crisi è dovuta a un "peccato originale": il governo è nato male con una maggioranza risicata e divisa.
FINANCIAL TIMES - Un secondo governo Prodi sarebbe una mera replica del primo e dovrebbe fronteggiare gli stessi problemi legati al fatto di non controllare pienamente il Senato. La debolezza della coalizione di Prodi è la ragione per cui le pesanti sfide di risanamento finanziario del Paese restano irrisolte.
TIMES - Un nuovo governo Prodi sarà inevitabilmente meno credibile e più vulnerabile alle rivolte, il che non è nell'interesse pubblico.
WALL STREET JOURNAL EUROPE - Prevede un futuro esecutivo meno stabile della coalizione di nove partiti che è appena caduta.
FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG - Non si governa un paese se c'è un capo di governo che non ha un centro di potere (partito) capace di intimorire. Cadere sulle posizioni internazionali non è una bazzecola.
BERLINER ZEITUNG - Si tratta di qualcosa di più di un problema interno.

ECONOMIST - Una crisi come questa mette in discussione la capacità di un centrosinistra diviso e modesto di portare avanti le riforme dolorose di cui l'Italia ha bisogno.

 

CHAMPAGNE

 

L'UTILE IDIOTA HA TERMINATO IL SUO COMPITO

 

Per la seconda volta baffino D'Alema ha indirettamente provocato la caduta di Prodi. Sembra sia stato proposto per una tessera ad honorem di Forza Italia. E come la volta scorsa si attende la nomina di un ex/post/pseudo/cattocomunista in sostituzione dell'ormai INUTILE IDIOTA.

 

 

DICO

 

DIRITTI e DOVERI dei CONVIVENTI

 

Il governo di Prodi ha approvato la legge sulle unioni civili chiamato DICO per regolare la convivenza extramatrimoniale. Prima di varare il provvedimento sono state effettuate delle doverose prove tecniche. Sembra che le norme di legge possano essere applicate anche alla difficile convivenza della maggioranza.

 

 

UN POLITICO DA GUINNESS

   

Il governo Prodi passerà alla storia.

Non come credeva lui per le grandi riforme, per il raggiungimento dell'equità sociale, per l'immagine dell'Italia all'estero ed altre imprese in cui fallirà, ma perché è stato inserito nel GUINNESS dei PRIMATI.

E' infatti l'unico governo al mondo che in soli 6 mesi è riuscito a scovare un numero incredibile di tasse da appioppare agli italiani.

100 TASSE

E' questo il numero incredibile di provvedimenti fiscali varati che lo hanno inserito di diritto nel Guinness.
Per vedere la presentazione con l'elenco
Per conoscere anche i dettagli
 

MUTANDE BLASFEME

   

Sembra che il professore non abbia gradito la satira rappresentata dalle mutande che qui vedete.

Se ne è infatti lamentato in una intervista quasi fosse un reato di lesa maestà.
Eppure quando toccava al nano di Arcore, al pelato con bandana, alle scarpe con rialzo ed altre simili esilaranti battute, non ha mostrato alcun disappunto, anzi se ne è beato.
Ora tocca a lui ed avrebbe una buona occasione per dimostrare il suo fair play. Purtroppo la sanguigna mortadella ha preso il sopravvento.
Questo indumento è compreso nella collezione "Moda autunno-inverno" (cliccare per vedere) e sono in vendita nel sito www.scendoinpiazza.it
 

IL PROFESSOR TARTASSA

   
 

Tra Decreto fiscale e Manovra finanziaria il governo Prodi ha inaugurato ben

69 NUOVE TASSE

che non risparmiano nessuno, neppure i disabili. Questo per "IL RILANCIO DELL'ECONOMIA ITALIANA"
Probabilmente neanche quelli che le hanno votate le conoscono dettagliatamente.
 
 

CONFLITTO DI INTERESSI

   
  1. ASE srl - società di Romano Prodi e della moglie
  2. SAN VITALE - società di Vittorio Prodi fratello di Romano Prodi
  3. AQUITANIA - società al 50% della signora Flavia Franzoni moglie di Prodi
  4. SIMBULEIA spa - società i cui soci non sono noti, proprietaria al 50% della Aquitania
  5. EUROMOBILIARE FIDUCIARIA spa - detiene l'intero capitale della Simbuleia.

Questa la parte attualmente conosciuta delle attività del signor Prodi.
Ha suscitato scandalo la scoperta che ignoti hanno dato un'occhiata alla situazione tributaria di questo signore.

In effetti dovrebbe risparmiare loro questa fatica e dare trasparenza alle sue attività che come si vede sono difficilmente decifrabili. Questi vasi comunicanti tra società, normalmente, servono per occultare e non a chiarire quali siano i suoi interessi privati in possibile conflitto con la sua attività parlamentare.

Ed invece il signor Prodi pretende di controllare i nostri movimenti bancari e postali e tutti i pagamenti con carte di credito o assegni. La nostra privacy ha forse meno diritti della sua?

 

LE NUOVE TASSE

   
Con la Finanziaria 2007 chi ha un reddito

prima_big (112K)

inferiore a 75.000 Euro lordi avrà delle riduzioni fiscali

disse Prodi presentandola

 

Però secondo una azienda tecnologica i calcoli dimostrano questa dichiarazione è falsa. Ecco, con alcuni esempi a parità di reddito, la differenza tra Irpef 2006 e Irpef 2007.

 
Lavoratore autonomo - reddito € 60.000 - paga + € 480,00
Dipendente - reddito lordo € 55.000 - paga + € 380,00
Commerciante - reddito lordo € 60.000 - paga + € 840,00
Pensionato - reddito lordo € 45.000 - paga + € 416,00
Parasubordinato - reddito lordo € 25.000 - paga + € 266,00
   

Prova a calcolare se risparmierai sulle tasse o se invece pagherai di più.

Ecco il test per calcolare quante tasse dovremo pagare.  CALCOLATORE FINANZIARIA

 

LE MANI SULLA CINA

   

Sembra che tra le tante attività intraprese Prodi abbia fatto anche il Consulente portuale.

Durante il suo viaggio in Cina, il sindaco di Tianjin ha salutato Prodi come "consulente del porto".

E così siamo venuti a conoscenza che nel 1993, durante la sua presidenza all'Iri, in virtù della sua esperienza in questo settore (?), ha prestato una consulenza probabilmente per la realizzazione un porto in Cina.

Quest'uomo ha messo le mani proprio dappertutto.
Ora si appresta a metterle nelle nostre tasche.
   

PRODI L'INGLESE

 

Prodi a New York per parlare all'assemblea dell'ONU ha rilasciato in esclusiva un'intervista alla CNBC

 
Questo è il testo originale e la traduzione per chi non capisce l'inglese o meglio la lingua che ha "biascicato".

Ho la netta impressione che abbia fatto e ci abbia fatto fare la solita "figura di merda". MA CHE VERGOGNA!

 
Introduzione dell’intervistatrice   Traduzione
Welcome back. Italian Prime Minister Romano Prodi is also in New York for his first appearance at the General Assembly of the United Nations.
Earlier today I sat down with Mr Prodi in a CNBC exclusive and he told me about an invitation he received from the president of Iran.
Bentornati (telespettatori). Il Primo Ministro Italiano R. Prodi è a New York per la sua prima apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Questa mattina il Signor Prodi in un esclusiva per la CNBC, mi ha riferito di un invito che egli ha ricevuto, da parte del presidente dell’Iran.

Inizia l'intervista - Domanda

Inizia l'intervista - Domanda
Would you be willing to talk to the Iranian president? Siete disposto a parlare con il presidente Iraniano?
Risposta (sospiro)....... he asked me the meeting...... and (pausa) I ....... never refuse that aaaaaaahhhhhhh mmmmmmhhhhh because mmmmmmm I want to unterstant wut he says and I wunt to tink cleeeeeearly which is our position....... and what I also (non sono riuscito a capire cosa abbia detto qui) this evening some on lebanon crisis (?)..........hhhhhhhow leaders don't speak each other ......hammmmmm my habit is to speak clearly (!)..... mmmmm to.... tell to the interlocutor look... I shall tell what we told because this will be useful to make progress and try to to to.... to to to advance...... other this is..... this is..... mmmmm aaaaa a transparens diplomacy is what is need now. smileyRisposta …egli mi ha chiesto l’incontro…e io…non rifiuto mai ciò…perché voglio capire cos egli dice e vogli pensar chiaramente qual’è la nostra posizione…e anche quanto ho commentato questa sera, qualcuna sulla crisi libanese…i leaders non parlano l’un l’altro…il mio vizio è di parlare chiaramente…di…dire all’interlocutore ..guarda…io devo dire ciò che abbiamo detto perché questo sarà utile per progredire e provare ad ad ad …ad ad ad avanzare…altro questo è…questo è…un un un un un una trasparenz diplomazia è ciò è serve adesso. (intervistatrice allibita)
D. When did he ask you to have a meeting? D. Quand’è che egli (Ahmedinejad), le ha chiesto di avere un incontro?
R. Few days ago, three, four day ago. R. Alcuni giorni fa, tre, quattro giorno fa.
D. Turning to the most recent comments by Pope Benedict, they have caused a major reaction in the Muslim community. What was your reaction to his comments? D. Passiamo ai recentissimi commenti di Papa Benedetto, gli stessi hanno causato forti reazioni nella comunità Mussulmana. Qual è la sua reazione a questi commenti?
R. Ahhhhhhhh..... this is..... I want to discuss it also with the musumali..... to understand...... the contest.... and the little limits of what the Pope told. I personally.... I ABSOLUTELY.....ABSOLUTELY..... aaaaaaa am against any clash of civilization and religions. R. Aaaaa…questo è…Io voglio discutere di ciò anche con i musumali (?) (in lingua kiswahili: “musumali” significa “chiodi”) …per capire…il contesto…ed i piccoli limiti di ciò che il Papa ha detto (intervistatrice sempre allibita), personalmente…io ASSOLUTA-MENTE …ASSOLUTAMENTE …SOOOOONO contro qualsiasi scontro di civiltà e religioni.
D. Are you concerned about the the growing tensions between the Muslims and the West, and what would the impact be on Italy? D. Lei è preoccupato per le crescenti tensioni tra i mussulmani e l’occidente e quale impatto tutto ciò avrà sull’Italia?
R. I am concerned....... I am concerned...... and ...... I told you what..... aaaa I do a policy of cooperation.... paritarian and equal..... you must have istitution.... ah... look..... theory and speech are not enough..... you must have istitutions...... R. Sono preoccupato…sono preoccupato…e ti ho detto cosa…aaa faccio una politica di cooperazione…paritaria(?) ed uguale…tu devi avere assolutamente un’istituto…aah…vedi…teoria e discorso non sono abbastanza…tu devi avere degli istituti (l’intervistatrice è sgomentata da si tanto acume )
D. Let me ask you about Telecom Italia. There is speculation that your government inserted himself, itself, and pushed out the chairman Mr Tronchetti because you did not agreee with the restructuring plan. How do you respond? D. Mi lasci fare una domanda su Telecom Italia. Ci sono speculazioni che il suo governo si sia inserito personalmente nella vicenda, cacciandone il presidente, il signor Tronchetti, perché lei non era d’accordo sul programma di ristrutturazione. Come risponde?
R. Mmmmmmmm that is completely.... completely..... completely untrue.... this was something very...... unfair..... aaaaahhhhh..... Tronchetti Proo....Prove.....Provera told..... asked an appointment with me.... I was an appointment..... he didn't (sospiro).... he told me about.....
absolutely different things...... the day after.... he has taken this great decision..... (sospiro) and..... you know.... just..... in order to.... aaaaahhhh..... give the idea that the gover.... government was knowing.... I simply told I... don't... know... anything... about.... Tronchetti decided. I didn't say no.... yes.... to his decision...... I said..... if you call your Prime Minister.... if you ask a meeting with him.... you must tell the truth.
R. MMMMMM…ciò è completamente…completamente…completamente non vero…questo era qualcosa molto…ingiusto…aaaaahh…Tronchetti Proo…Prove…Provera disse……chiese un appuntamento con me…io ero un appuntamento……lui non ha……lui mi disse circa……assolutamente cose diverse…il giorno dopo…il giorno dopo…egli ha preso questa grande decisione…e..tu sai…giusto…in ordine di…aaahhh…di dare l’idea che il govern…governo era a conoscenza…io dissi semplicemente io…non …so…niente…di ciò…Tronchetti decise... Io non dissi nò…si’…alla sua decisione…io dissi…se tù chiami il tuo Primo Ministro…se tù chiedi un meeting con lui…tù devi assolutamente dire la verità.
D. Telecom Italia is the last of Italy's four mobile companies still in Italian hands. It would make sense that you would like to keep it that way, in Italian hands. Is that fair? D. Telecom Italia è l’ultima delle quattro compagnie telefoniche mobili ancora in mani italiane. Sarebbe sensato da parte vostra, se telecom rimanesse italiana. Le sembra giusto?
R. You know ah..... ah.. I am not nationalistic, you know..... if it goes to foreign hands... I am sorry but mmmmmmm.... and also is life.... it was.... the same for banking as on.... but.... what.... I am telling you that... I.... want.... to run... a modern Country... a Country open to the market... but I don't want.... all of that MY company are bought.... by foreign..... sometimes bought.... and sometime buying.... this is what I think, you know...... and...... aaaammmmmmhhhhhh..... so my attitude.... eh they say was happy when (incomprensibile).... I was happy when the Banca del Lavoro was bought by mmmmmmmhhhh.... by foreign bank.... ahhhhh... by a French bank (incomprensibile).... another bank.... aaaaaahhhhhhh...... it was the same for..... Antoniana Veneta.... the Country is absolutely open...... but..... I..... need to know the truff. R. Lei sa ah..ah io non sono nazionalistico, lei sa…se esso và in mani straniere …sono dispiaciuto ma mmmmm…e anche è vita…esso era…lo stesso per (il sistema) bancario come su…ma…cosa…io ti (le) stò dicendo che…io…voglio… far correre (guidare)…un paese moderno…un paese aperto al mercato…ma io non voglio…che tutto della MIA compagnia…sia comprato dagli stranieri…qualche volta comprato…e qualche volta comprare…questo è quello che io penso, tu (lei) sai…..aaaaahhh…cosi’ la mia attitudine…eh loro dice erano felici quando si sono assorbiti…io ero felice quando la Banca del Lavoro fu acquistata da mmmmmmhh da banca straniera…aah…da una banca francese recentemente…un'altra banca…aaaahh…era lo stesso per…Antoniana veneta…il paese è assolutamente aperto…ma ..io…desidero conoscere la verità (the truth non THE TRUFF)
Commento dell’intervistatrice Commento dell’intervistatrice
Prime Minister Prodi is expected to make a statement to the Italian Lower House on recent development surrounding Telecom Italia. That happens next week. Il Primo Ministro Prodi è atteso in Parlamento per una dichiarazione sul recente sviluppo del caso Telecom Italia. Questo la prossima settimana.


Il video originale con l'intervista lo potete vedere QUI  Commento di chi scrive: Sembra che gli ascoltatori americani stiano ancora ridendo.
 

PACE ARMATA

 

Il governo ha inviato in Libano i militari italiani in missione di pace.

A conferma che la pace e la libertà,
contrariamente a quanto hanno affermato
 lui e tutta la masnada di pacifisti,

 si possono imporre anche con le armi.

 

ROMAO TSE TUNG

 

Il premier e uno stuolo di amici nel Paese dalla dittatura più sanguinaria di tutti i tempi, la CINA

 

Una delegazione ufficiale guidata da Prodi porta l'ossequio dell'Italia alla repubblica popolare cinese, il più grande Paese al mondo in fatto di pena di morte, prigione per i dissidenti, abolizione della libertà di stampa, aborti di massa, uccisione di cani e gatti, esperimenti barbari, inquinamento ambientale.

Dei diritti umani logicamente non se ne parlerà o al massimo se ne farà cenno per accontentare gli imbecilli che ci credono.

PRIMA GLI AFFARI!

 

ESPORTATORE DI PACE e AMORE

   

Dopo Bush e Berlusconi, oggi anche Prodi sta organizzando una spedizione di soldati armati in Libano come quelli di stanza in Afganistan ed in Iraq.

Anche lui con una risoluzione dell'ONU per

ESPORTARE LA PACE E L'AMORE CON LE ARMI

Fino a prima delle elezioni ciò non era assolutamente possibile

ORA SENZA SE E SENZA MA...
ARMATEVI E PARTITE

 

passera' alla storia?

 

Anche Prodi tra le sue segrete aspirazione ha quella di passare alla storia.

Da come opera restano multi dubbi che possa farcela con qualche cosa di utile. Più facile lo possa fare con una mala azione di portata epocale.

Come aveva fatto Erostrato che, per diventare immortale, aveva dato dato fuoco nel 356 a:C: al tempio di Diana di Efeso, una delle sette meraviglie del mondo antico.

Non sappiamo che faccia avesse Erostrato ma è quasi sicuro che quando lo hanno acchiappato con una torcia in mano, sorridesse come Prodi. Un sorriso beato, o meglio beota.

 

IL CALABRAGHE: UN UOMO IN MUTANDE

   

 

"Il decreto Bersani sarà applicato"

"La finanziaria sarà applicata"

"Non si torna indietro"

 
- I TASSISTI
hanno protestato, e lui?
HA CALATO LE BRAGHE
 
- I FARMACISTI
hanno protestato, e lui?
HA CALATO LE BRAGHE
 
- I PANETTIERI
hanno protestato, e lui?
HA CALATO LE BRAGHE
 
- I SINDACI
hanno protestato per il salasso ai comuni, e lui?
HA CALATO LE BRAGHE
 
- I NEGOZIANTI
hanno protestato per lo scontrino, e lui?
HA CALATO LE BRAGHE

Siamo in attesa delle prossime CALATE DI BRAGHE

 
 

PRODI AL GAY PRYDE?

   

Prodi a palazzo Chigi con gli occhiali rosa non mi ha fatto ridere perché quando tenta di farlo diventa solo patetico.

Forse sta preparando la prossima sfilata del Gay Pryde.

 

QUESTE SI GRONDANO SANGUE

   

 
le mani che
veramente
grondano sangue

sono quelle di

fidel castro

 

Le migliaia di persone che personalmente o indirettamente ha fatto morire lo testimoniano.

 
 

COME SIAMO CADUTI IN BASSO

   

 
Dopo Berlusconi
anche Prodi
stringe la mano

che gronda sangue

 
 

Se all'estero ci presentiamo con la faccia che si vede a sinistra  è probabile che possano considerare tutti gli italiani degli idioti.

 
 

RISTORANTE “LA MARGHERITA” 

 

18 maggio 2006

 

IL CONDONO: SI FA MA NON SI DICE

 

Lady Prodi, i Ds e gli altri, l'irresistibile fascino della sanatoria

 

Un conto sono le dichiarazioni, ufficiali, i comunicati da inviare alle agenzie, l'indignazione in favore di telecamera e di taccuino. Un altro sono i quattrini. Se si tiene a mente questo elementare principio, non stupisce più di tanto scorrere la lista di esponenti e simpatizzanti del centrosinistra che, dopo aver detto in pubblico tutto il male possibile dei condoni fiscali dell'odiato governo Berlusconi, in privato hanno dato mandato al commercialista di avviare le pratiche per sanare le più di­sparate situazioni contributive.

Il caso più recente è quello della signora Flavia Prodi, che nel novembre scorso ha usufruito della sa­natoria fiscale per la sua società immobiliare, la Aquitania srl: importo, ottomila e passa euro. Idem per Beppe Grillo: il comico genovese, novello Torquemada della sinistra moralista e giustizialista, ha usufruito del condono per ben due volte. A beneficiare della sanatoria, la sua impresa immobiliare (ne detiene il 99% delle quote) Gestimar srl, proprietaria di diverse costruzioni tra la Liguria e la Sardegna: Grillo si è avvalso del condono tombale, per gli esercizi degli anni 2002 e 2003: totale 461mila euro.

Non potevano mancare i Ds: nei giorni in cui il segretario Piero Fassino denunciava «il governo che sa fare solo una cosa: sanare l'illegalità», la Beta, maxi-immobiliare che possiede gli immobili usati come sede del partito, si assicurava un colpo di spugna sulle pendenze fiscali relative al biennio 2000-2001, effettuava il condono tombale per imposte di­rette ed Iva e chiedeva il condono per una vertenza col Fisco in merito alle imposte di registro. Stessa sorte per la finanziaria Se.Var., braccio operativo della Quercia (che ne possiede l’80%) per quanto riguarda l’organizzazione di eventi, feste e convegni il 30 aprile 2003 l'assemblea dei soci decise l'adesione al condono fiscale. C'è anche la Reggiana immobiliare srl, società di Reggio Emilia controllata dai Ds che il 28 aprile 2003 ricorse alla sanatoria. Parlando di Ds non si può poi tacere la vicenda dell'Unità. Negli stessi giorni in cui il quotidiano fondato da Antonio Gramsci sparava a palle incatenate contro la finanza creativa del governo di centrodestra - «devastazione dell'etica fiscale», «Finanziaria dello scempio» e «misura disastrosa che prelude all'Argentina» le espressioni più soft - la Nie (Nuova iniziativa editoriale), società editrice del giornale, prendeva una decisione storica: procrastinare l'approvazione del bilancio per aspettare il condono fiscale. Tre mesi dopo (era il 25 giugno del 2003), il via libera, preceduto dall'adesione alla sanatoria per Irpeg e Iva: costo 38.204 euro. Quando, poche settimane dopo, il governo prese in considerazione l'ipotesi di un nuovo condono nella ventura Fi­nanziaria, il giornale della Quercia, immemore o ingrato, riprese tranquillamente a parlare di «impunità» e di «neoliberismo».

Capitolo sindacale: La Cgil di Guglielmo Epifani («II condono è l'ulti­mo dei messaggi a favore dell'illegalità lanciati dal governo») deve un favore a Tremonti. I Caf Cgil di Lazio e Basilicata, secondo una delibera dell'assemblea dei soci datata 17 maggio 2003, hanno aderito al condono fiscale. Vicina alla sinistra è anche la casa editrice Editori riuniti, che ha aderito al condonò fiscale poco dopo il quotidiano II Popolo e le librerie Rinascita. Il record dei condoni è dell'agriturismo di Gubbio, in Umbria, di proprietà di Jacopo Fo, figlio del più noto Dario: mentre il padre denuncia «la dininformazione della tv sui condoni fiscali» Jacopo, evidentemente informatissimo, aderisce a sedici sanatorie edilizie sedici.

Secondo un'indagine dell'Eurostat, infine, su 183.482 società in qualche modo controllate dalla sinistra, hanno usufruito di due condo­ni 103.485 imprese, (pari al 56,4%), di un condono 72.893 società (pari al 39,72%), di nessun condono 7.104 aziende, pari al 3,9%: di queste, solo 101 hanno detto no per motivi morali o politici. Le altre semplicemente non sapevano avere tutti i crismi per usufruire della sanatoria ed hanno lasciato perdere. Magari sono ancora lì che si mangiano le mani.

Marco Gorra

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THE FINANCIAL TIMES SU PRODI

 
Articolo pubblicato dal quotidiano inglese il 27 maggio 2004.
 

“La performance di Romano Prodi come presidente della Commissione europea è stata orrenda. L’ex premier italiano è l’uomo sbagliato per l’incarico. Non ha dimostrato né larghezza di vedute né l’attenzione ai dettagli richiesta per uno dei ruoli più difficili del mondo. Manager incapace, non sa comunicare, con un’allarmante propensione alle gaffe.”

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LA VITA POLITICA E PROFESSIONALE DI PRODI

 

“Negli anni ‘80, Eugenio Scalfari si vantava di essere al centro di tutti i giochi e assediato da Eccellenze desiderose del suo consiglio. Non si muove foglia che Scalfari non voglia, era il motto del suo gonfio blasone. Anche la presidenza di Romano Prodi all’Iri è stata, a suo dire, farina del proprio sacco L’Istituto zoppicava. C’era bisogno di una svolta. Il segretario della Dc, Ciriaco De Mita, ci rimuginava da giorni finché decise di chiedere lumi a Scalfari che riassume così la vicenda. «Quando De Mita mi disse: “Ovviamente ho in mente Prodi per l’Iri”, io gli risposi: “Ovviamente fai benissimo”. Ma poi mi richiamò e mi disse: “Guarda che Prodi non ci sta”. Allora io telefonai a Prodi e gli dissi: “Tu hai l’obbligo di accettare. Parlate tanto di spirito di servizio e poi…”. E alla fine accettò». La sintesi, efficace, è però vanagloriosa. Mette in luce la maggiore autorità di Scalfari rispetto a De Mita, ma oscura le altre illustri paternità di Prodi alla presidenza Iri.

È l’autunno 1982 e capo del governo è il segretario del Pri,Giovanni Spadolini, primo laico a Palazzo Chigi. Romano ha già fama di essere una «riserva della Repubblica», ossia un uomo disponibile al bisogno. È il ruolo che ricoprirà per un ventennio. Assopito nell’università, ma annodato a Beniamino Andreatta, Prodi era già stato, grazie a lui, ministro per qualche mese nel ‘78. Si era poi tuffato in Nomisma, lasciando che fosse Nino a programmargli le tappe successive.

Giunta la crisi dell’Iri, Romano era in posizione chiave. La sua forza stava nella proprietà transitiva che, tra gente di Palazzo, significa che se A è amico di B e B amico di C, anche A e C sono amici. Prodi, considerato dc di sinistra, perché tale era Andreatta, già consulente del defunto Aldo Moro, era pure pupillo di De Mita, che di Moro era l’erede. Inoltre Andreatta era l’anima del centro studi Arel, di cui era finanziatore l’ingegner Carlo De Benedetti, il quale era intimo di Scalfari che aveva perciò steso la sua ala su Romano, che di Andreatta era il protegé. Infine il premier, Spadolini, che era compagno di partito di Bruno Visentini, il quale era legato a De Benedetti proprietario della società Olivetti di cui Visentini era presidente, non poteva non vedere di buon occhio Prodi che era nella manica di tanti cari conoscenti. Ricostruita la filiera, torniamo al racconto di Scalfari per coglierne un particolare: la ritrosia di Romano a accettare l’incarico che De Mita gli offriva. Farsi pregare, minacciare le dimissioni e dimettersi effettivamente, è stata una caratteristica di Prodi. È la qualità fondamentale delle riserve repubblicane, che devono essere a disposizione, ma pronte a sgombrare. Capostipite fu Enrico De Nicola, primo capo dello Stato nel 1948, che rifiutava, accettava, si dimetteva e restò in pole position fino alla morte. Ci imbastì una carriera Giovanni Leone, ci si adeguò da vecchio Amintore Fanfani, rimediando una presidenza del consiglio a 80 anni. Campione vivente di questo «spirito di servizio» è Giuliano Amato. Seguendo la scuola, Romano ha tagliato tutti i traguardi. Le inspiegabili altezze che ha raggiunto, si spiegano così. Ma il meccanismo funzionava finché c’era Andreatta a cavarlo dal cilindro e a riproporlo all’attenzione. Ora che da sei anni deve badarsi da solo, c’è da dubitare che Prodi sia altrettanto pronto a tirarsi indietro. Il pacioso emiliano è cambiato. Ha ormai il potere nel sangue e si vede a occhio che è cresciuto in grinta e cattiveria.

Romano diventa presidente dell’Iri il 24 settembre ‘82 e resta in carica fino al 2 novembre 1989. La stampa accoglie con favore la sua nomina, compreso questo giornale, e lo seguirà con simpatia per tutto il settennato. Nessuno gli fa le pulci e a fine mandato Prodi proclama di avere restaurato l’Iri. Ne ha venduti pezzi per fare cassa e i bilanci sono accettabili. Quello che lì per lì nessuno dice, ma sarà stradetto dopo, è che a fargli fare buona figura è stato Pantalone. Lo Stato, cioè voi e io, ha versato nei forzieri dell’Iri prodiana tanti di quei soldi da rendere impossibile un giudizio sulla sua conduzione. Romano poteva anche amministrare come una capra, tanto pagava il governo. Sono anni in cui l’Italia sballa i conti e contrae il più stratosferico debito pubblico del pianeta. Il contributo di Prodi al disastro è da Oscar. In sette anni, l’Iri ottiene fondi per 41mila miliardi di lire. Una volta e mezzo di ciò che aveva incamerato dalla fondazione, 1933, all’ingresso del Nostro.

Diverse le iniziative di Prodi che, dispiace dirlo, sono state autentiche cappellate.

La prima, 1985, è lo sciagurato tentativo di semiregalare all’amico De Benedetti la Sme , ovvero i Panettoni di Stato. La società raggruppa aziende private fallite e prese in carico dall’Iri, come Motta, Alemagna, Star, Cirio. Prodi, di testa sua, concorda con la Buitoni di De Benedetti un prezzo di acquisto di 497,5 miliardi pagabili in vari anni. La somma è irrisoria: 930 lire per azione, contro le 1.290 della quotazione in borsa. In più, nelle casse della Sme ci sono 80 miliardi liquidi che finirebbero quatti quatti nelle tasche dell’Ingegnere compratore. Si imbufalisce Bettino Craxi, presidente del Consiglio, e richiama all’ordine Clelio Darida, ministro delle PpSs. Darida annulla il patto Prodi-De Benedetti e indice una gara al miglior offerente. Un gruppo di imprenditori, Berlusconi, Barilla e altri, è disposto a pagare di più. L’Ingegnere prende cappello e ricorre al Tribunale, che gli dà torto. Seguono appelli, cause e controcause, fino ai nostri giorni, con la sorpresina finale del Cavaliere, accusato di corruzione di giudici e tutto il bla bla. La lizza sfuma e nessuno compra.

Anni dopo, tra il ‘93 e il ‘96, la holding è venduta a spizzichi, pelati qua, panettoni là, e il ricavo è sublime: 2.200 miliardi. Quasi cinque volte il prezzo fissato da Prodi: prova provata che lui coi numeri è in guerra. Prima dell’accordo con l’Ingegnere, Romano aveva rifiutato una proposta di acquisto della Sme da parte della multinazionale Hainz. Latore, il ministro liberale dell’Industria, Renato Altissimo, al quale replicò: «La Sme non si tocca. È la cassaforte dell’Iri». Quando seppe che invece vendeva la cassaforte a Carlo De Benedetti, Altissimo telefonò arrabbiato a Prodi: «Perché a Carlo sì e a me hai detto no?». «Tu mica ce l’hai il taglietto sul pisello!», rispose Prodi con fine allusione alle origini ebraiche dell’Ingegnere. Il dialogo è negli atti di un processo.

L’anno dopo, 1986, ne combina un’altra. Inalberando per le auto lo stesso nazionalismo cipigliosamente rimproverato a Antonio Fazio per le banche, vende l’Alfa Romeo alla Fiat. A discapito della Ford che offriva di più, in soldi e certezze. Agli Agnelli, coi quali ha un antico rapporto di cui parleremo, fa sconti mostruosi e rateazioni da capogiro. «Hanno avuto l’Alfa per un boccone di pane», è il giudizio unanime dell’epoca. In cambio, promettevano rilancio e occupazione. Si sa come andata. Le Alfa in circolazione sono meno delle Torpedo e le maestranze residue sono sotto tutela del Wwf. Ora capite perché Cesare Romiti, che orchestrò l’affare, sia oggi tra i fan di Romano. Vale pure per l’Agnelli adottivo, Luca Cordero di Montezemolo, che esprime la gratitudine della famiglia con impallinamenti diuturni del Cav.

L’operazione è stata anche una sconfitta dell’economista Prodi. Incamerando l’Alfa, Fiat ha avuto il monopolio dell’auto italiana e si è impigrita. A furia di Panda, si è semplificata la vita, si sono ringalluzziti i giapponesi e Mirafiori è finito nella Caienna. E il Professore, che ha aiutato Fiat a farsi male, ha tradito Adamo Smith e il libero mercato che predica un giorno sì e l’altro pure.

Quando Prodi arriva all’Iri, la siderurgia è in grave crisi. Il problema è di tutto l’Occidente che produce troppo rispetto al bisogno e troppo caro rispetto agli arrembanti asiatici. L’Iri ha la palla al piede della Finsider che deve ridurre personale e produzione. Questione delicata che Romano vuole seguire di persona. Ha un’idea da duca rinascimentale. Nomina alla Finsider un presidente, Lorenzo Roasio, e un amministratore delegato, Sergio Magliola, dando a entrambi identici poteri. Costringe i due a litigare per le competenze e a ricorrere a lui per l’arbitraggio. Così, il Machiavelli di Scandiano ottiene l’auspicata ultima parola e avvia la Finsider, demotivata e depressa, all’ultima dimora.

Nell’89, disarcionato il protettore De Mita da Palazzo Chigi, Prodi è costretto a lasciare l’Iri al fiduciario andreottiano, Franco Nobili. Poco male. C’è da lavorare sodo su Nomisma il cui lustro è stato appannato dalla sentenza micidiale del giudice Casavola. Romano si getta in un’opera triennale di rilucidatura mentre cominciano, a macchia, come la peste, gli arresti di Tangentopoli. Nobili è catturato il 12 maggio ‘93. Carlo Azeglio Ciampi, presidente del Consiglio, telefona personalmente a Prodi per pregarlo di riprendersi l’Iri.

Romano tergiversa, chiede tempo e inforca la bicicletta (Bianchi, le sue sono tutte rigorosamente di questa marca) per meditare in pace. In sella riflette meglio che sulle diverse poltrone che ha di volta in volta occupato, all’Iri, al governo, nell’Ue. Per ore, è introvabile, mentre la moglie Flavia argina Ciampi che continua a tempestare di telefonate. Al rientro, con le endorfine alle stelle, Romano dice sì. Il 15 maggio, inizia la presidenza bis. La caratterizza con le privatizzazioni, la nuova moda.

Vende le due banche Iri, Comit e Credit, ai piccoli risparmiatori per creare, moda nella moda, un democratico «azionariato diffuso». Il vecchio Cuccia di Mediobanca, che voleva invece il «nocciolo duro» di un gruppo scelto di azionisti, gli toglie il saluto. La vittoria di Prodi è breve. Cuccia prende presto il controllo delle due banche senza neanche versare le enormi somme che aveva promesso all’Iri per ottenere il «nocciolo». Ennesima botta per l’Istituto.

A togliere Prodi dall’imbarazzo, pensa Berlusconi vincendo le elezioni del ‘94. Non volendo conviverci, Romano proclama: «Non sono uomo per tutte le stagioni» e si dimette. L’Iri per un po’ è salva.”

 GLI ESORDI

“Sorretto per le braccia da Nino Andreatta, Prodi diventa professore ordinario dell’Ateneo di Bologna a 32 anni. Raggiunge il traguardo, ma nulla cambia nella sua vita. La facoltà è la stessa, Scienze politiche, che bazzica da un decennio come aspirante docente. Ottiene una stanza più grande, ma è sempre a un tiro di voce da Andreatta, pronto a correre a un suo richiamo. Estote parati, come un lupetto col capo scout.

Beniamino, questo il nome di Andreatta al fonte battesimale, lo aveva preso come assistente nel ’63, promosso associato nel ’66, imposto ordinario nel ’71. Molto altro farà per lui, ma senza dargli più di tanto confidenza. Nonostante l’intreccio di interessi da cui erano uniti, Nino ha sempre dato e preteso il lei da Romano. Dispettoso per natura, inventava continui espedienti per marcare le distanze. Da ministro degli Esteri di Ciampi nel ’93, non telefonava mai personalmente all’allievo, come usa tra parigrado, ma lo faceva cercare, come un sottoposto, dai telefonisti della Batteria, la segreteria generale del Palazzo politico. Prodi, che sedeva sullo scranno di presidente dell’Iri, inghiottiva senza fiatare, ma imbestialito assai.

A Romano fu assegnata la cattedra di Economia politica e industriale. La tenne ininterrottamente, dal ’71 fino alle dimissioni, nel ’99. Ventotto anni davanti a un’unica lavagna sono il segno o di una supremazia indiscutibile o di un’oasi che non fa gola a nessuno. «Prodi è rimasto sul piano accademico un isolato», ha scritto Nicola Matteucci che fu preside della facoltà di Scienze politiche. Come dire, Prodi ha vissuto indisturbato in una comoda nicchia. In altre parole, non è mai stato in corsa per il Nobel: era un praticone di cose industriali, appassionato del comparto piastrelle in Emilia Romagna. I titoli delle sue pubblicazioni nei primi lustri, sono indicativi: L’industria della ceramica per l’edilizia, La riconversione dell’industria italiana, Fusioni di impresa. Solo negli anni ’90, afferrato dall’ambizione politica, cominciò a guardare più in grande e scrisse libri come Il capitalismo ben temperato e Un’idea dell’Europa. Ma sono ormai manifesti propagandistici, non più saggi accademici.

Romano come studioso ha il fiato corto. L’università inizia a andargli stretta quando Andreatta lo dirotta verso lo Stato, con una esperienza da ministro dell’Industria nel ’78, e al parastato con la presidenza dell’Iri nell’82. Ma è a causa di un mal calcolato gesto di imperio che chiude con la carriera accademica, come ha rivelato una volta il preside Matteucci. Prodi aveva un allievo, Fabio Gobbo, che abbiamo già intravisto mescolato ai 17 della seduta spiritica di Zappolino. Volendo promuoverlo professore ordinario, Romano pretese di fare parte della giuria del concorso a cattedra e, battendo i pugni, lo impose. «Gobbo era un giovane serio - scrive Matteucci - ma allora non ancora scientificamente all’altezza di una cattedra: questo suscitò le violente proteste di tutta la corporazione degli economisti… Si preferì mettere tutto a tacere. Ma la carriera accademica di Romano Prodi era finita».

Fu così che voltò pagina e si mise in affari creando Nomisma, un istituto di consulenza economica con sede a Bologna, a due passi da casa sua. Nel nome, c’è il programma: Nomisma era la moneta aurea dell’impero bizantino, il dollaro di Costantinopoli. L’Istituto diventa la cassaforte del suo ideatore e trasforma Romano in un sontuoso contribuente che quando oggi discetta di povertà parla a orecchio. Anche in questo caso, l’ispirazione è andreattiana. Beniamino era un genio della consulenza. Negli anni ’70, aveva fondato prima l’Arel, Agenzia di ricerche e legislazione, che, senza fini di lucro, dava consigli economici alla Dc, poi Prometeia che li dava, ma pronta cassa, a clienti danarosi. Nomisma era la pedissequa imitazione di Prometeia, ma destinata ad avere più successo dell’originale.

Il laboratorio di cervelli prodiano nasce il 21 marzo 1981 da un accordo con la Banca nazionale del lavoro che finanzia il progetto. Compito di Nomisma è fare ricerche sull’economia reale dell’Italia, lavorando soprattutto nell’interesse di Bnl. A capo della banca c’è Nerio Nesi che, con Prodi, è l’anima dell’operazione. Nesi è della sinistra Psi, come Prodi lo è della Dc. Sono entrambi bolognesi, interessati all’industria e in buoni rapporti. Nesi, che oggi è deputato della Rosa nel Pugno, ha lavorato negli ultimi anni per riappacificare Prodi con Fausto Bertinotti che sgambettò il suo governo nel ’98.

Nomisma cresce subito tumultuosamente. Estende la sua clientela molto al di là della Bnl e diventa in breve la società intellettuale più in vista d’Italia, con una legione di teste d’uovo alle dipendenze. Prodi è il factotum e il presidente del Comitato scientifico, ossia supremo responsabile delle ricerche strapagate dai clienti. Quanto gli studi siano validi, è cosa discussa. Ma intanto le soddisfazioni sono molte, finché non accade un incidente.

Romano nell’autunno dell’82 diventa improvvisamente presidente dell’Iri con cui Nomisma aveva scambi fruttuosi. Frequente il passaggio di studiosi prodiani alle società irizzate per ricoprirvi cariche di presidenti o amministratori; numerose le società Iri clienti di Nomisma. Gli intrecci aumentano con l’arrivo del Nostro e le commesse per Nomisma si moltiplicano. Ce n’è quanto basta per ipotizzare l’interesse privato in atti di ufficio. Il pm romano Luciano Infelisi apre l’inchiesta sulla base di lettere anonime e di una interrogazione del deputato Staiti di Cuddìa. Emerge che Prodi, pur a capo dell’Iri, manteneva la presidenza del consiglio scientifico di Nomisma e che società Iri, Italstrade, Sip, Italsider, ecc., stipulavano contratti di ricerca miliardari «per favorire Nomisma e Prodi». Nell’85, Infelisi rinvia Romano a giudizio. Tre anni dopo, il giudice Mario Casavola lo proscioglie. Ma con motivazioni demolitrici.

La sentenza dà un quadro di Prodi e di Nomisma del più alto interesse.

Già prima dell’inchiesta, il Consiglio di amministrazione dell’Iri aveva censurato il suo presidente «per avere gestito le ricerche bolognesi quando committenti erano società Iri, senza avvertire il Cda». A ruota, la Corte dei conti aveva bacchettato l’Iri per il «ricorso a consulenze esterne quando aveva proprio personale in grado di assolvere gli stessi compiti». Osserva il giudice Casavola: «È indubbio che alcune commesse furono volute da Prodi per aiutare Nomisma che aveva bisogno di lavorare». Ma non ha commesso reato perché l’Iri, in quanto tale, «è rimasto sostanzialmente estraneo all’affidamento a Nomisma, anche se le società committenti sono a prevalente o esclusivo capitale Iri». Aggiunge: «L’idea che le commesse siano state affidate a Nomisma perché a chiederlo alle società collegate (Italsider, Sip, ecc.) era il presidente Iri è verosimile, ma non assume gli estremi del reato». Dunque, comportamento scorretto ma non punibile. Fosse stato direttamente l’Iri a stipulare le consulenze, il suo presidente, pubblico ufficiale, avrebbe commesso reato. Ma poiché a sottoscrivere i contratti con Nomisma erano state le singole e private spa Iri, il presidente dell’Istituto e proprietario di Nomisma è assolto. Un cavillo tipicamente giuridico.

Il seguito della sentenza fa il punto sull’efficacia delle ricerche prodotte dal brainstorming prodiano. «L’inchiesta ha consentito di dedurre… la scarsa attinenza delle consulenze agli scopi istituzionali delle società (Italsider, ecc.)… Una volta compiute, non sembra siano state lette e utilizzate». Casavola cita le testimonianze di diversi amministratori delegati delle aziende clienti, «nessuno dei quali ha ritenuto di leggere» i pensum di Nomisma e conclude: «Questi giudizi danno corpo a sospetti generalizzati di consulenze richieste a fini clientelari».

La sentenza ha una coda che riguarda un ricco contratto durato sei anni tra Nomisma e ministero degli Esteri. Un conquibus di circa sei miliardi alla società di Prodi (siamo nella seconda metà degli anni ’80) per «monitorare» le economie di una ventina di Paesi. Anche stavolta Romano è assolto, ma il suo centro studi esce a pezzi. «La convenzione - scrive Casavola - riguardava un settore di ricerche nelle quali Nomisma non vantava alcuna competenza specifica… Nomisma ha formulato una duplicazione di strutture per consentirsi una duplicazione di introiti… Il Comitato scientifico, il Comitato metodologico, l’Osservatorio, richiamati nel frontespizio delle pubblicazioni, quasi a mostrare una struttura complessa e ramificata, sono in realtà la stessa cosa, con gli stessi ricercatori e con gli stessi compiti… Il compenso era previsto per la direzione scientifica e per coordinamento come se fossero realtà diverse… invece, sono sempre le stesse persone a operare». Un gioco delle tre carte che, per di più, produce studi da burla. «La ricerca - continua infatti il magistrato - era organizzata con la lettura di testi richiesti in prestito a biblioteche… e con contatti con il ministero degli Esteri (sic! Lo stesso che chiedeva lumi a Nomisma, ndr)… Gli aggiornamenti sono per due terzi ripetitivi…». Secondo un utente delle ricerche, il senatore Francesco Forte, «si trattava di documentazione invecchiata, superficiale, copiata su altre fonti ovvie, come enciclopedie e annuari statistici». Ma anche il giudizio dell’ambasciatore Bruno Cabras è significativo: «Confesso che le pubblicazioni della Banca mondiale e di altre organizzazioni avevano maggiore contenuto e autorità per cui gli studi di Nomisma erano di scarsa utilità». Questa assoluzione a denti stretti è stata accolta con euforia da Romano che da allora si vanta: «Sono stato ampiamente prosciolto in fase istruttoria».

Quell’«ampiamente» rispecchia la mancanza di senso critico dell’uomo che ha chiamato Unione un caravanserraglio.”

 L'AVVENTURA EUROPEA

“Quando nell’autunno del ‘99, Romano si insediò alla testa della Commissione Ue, ossia al governo dell’Europa, fu accolto come un Churchill redivivo. Una ben congegnata propaganda delle sinistre europee aveva suscitato attorno a lui molte speranze. Ma la luna di miele durò solo un paio di mesi, cedendo il posto a un matrimonio d’inferno.
I primi a ribellarsi furono i cronisti che non sopportavano il suo portavoce, il giornalista italiano Ricardo Levi. Richi, che è un sussiegoso giovanotto sessantenne, faceva coi suoi colleghi il principino. Anziché aiutarli nel lavoro, informandoli e inquadrando i problemi, li trattava da seccatori. Alle domande dava risposte vaghe. Alle richieste di conferma di un’indiscrezione, cadeva dalle nuvole. Se volevano parlare con Prodi, li mandava al piano di sopra, mentre Prodi era al piano di sotto. Finché, stufa del trattamento, mezza Europa giornalistica chiese la testa di quella specie di moglie gelosa. Richi fu segato dall’oggi all’indomani e sostituito prima da un inglese, poi da un finlandese, mai più da un italiano. Ebbe in cambio una sinecura strapagata: direttore di una fantomatica «Cellula di prospettive» che doveva, figurati tu, delineare l’avvenire dell’Ue. Ma tra Prodi e l’informazione il divorzio era ormai consumato e per il presidente italiano cominciò la rosolatura.

Com’è noto, Romano per dire «oggi… a pranzo… ho… mangiato… pollo», mette cinque minuti come se rivelasse le origini della vita. Solo agli italiani le sue pause, il continuo borbottio, il sordo soffiare e quell’impressione generale di dormiveglia evocano i modi del buon curato e le atmosfere delle pievi campagnole. A Bruxelles davano ai nervi.

Presto, l’intero Palazzo dell’Ue ha cominciato a irritarsi di un presidente inespressivo, favellante a singhiozzo, collezionista di gaffe tipo «mamma li turchi», suo meditato parere sulla Turchia nell’Unione.

Agli inizi, Prodi teneva le conferenze stampa in inglese. In capo a un mese, ci fu la rivolta degli interpreti. Non solo perché lo parla in modo imbarazzante, ma perché si mangia le parole. La particolare conformazione della bocca, la reticenza innata e la cadenza bolognese che annulla le vocali in favore di suoni consonantici sibilostruscianti, misero ko lo staff dei traduttori. Romano, su supplica unanime, passò all’italiano. Anche qui, ci furono iniziali difficoltà a capirlo, ma con la creazione di un gruppo specialistico, si venne a capo del problema.

Il rapporto di Romano con le lingue è sofferto. Parla il francese meglio dell’inglese. Ma anche in questo caso con approssimazione. Mesi fa, già candidato dell’Unione per le elezioni del 9 aprile, ha illustrato a Le Mans la cosiddetta Fabbrica del programma. La Fabbrica è un capannone di Bologna dove ogni elettore del centrosinistra può dire la sua e fare proposte.

«Se si vuole migliorare una Nazione, bisogna prima ascoltarla - disse Prodi il giorno dell’inaugurazione -. Io desidero il concorso di tutti». Sottinteso, non sono mica quel «faccio tutto mi» del Berlusca. Torniamo alla conferenza francese. Ancora prima di addentrarsi nel ragionamento, Romano enunciò la formula Fabbrica del programma dicendo anziché usine (fabbrica), cuisine (cucina) o almeno fu questo il suono uscito dalla sua bocca. La Cucina del programma sorprese piacevolmente i francesi notori gourmet, ma suscitò anche equivoci e smarrimento, tanto che molti tornarono a casa disappetenti.

L’infelice inizio della presidenza Ue di Prodi si tradusse in una impietosa presa di distanza di molti. La radicale Emma Bonino disse di Romano: «Ha il cervello piatto», che era un incrudelire dato che c’era già la faccia. Il giornalista Quatremer di Libération, quotidiano gauchiste, dunque amico, rivelò che l’ex Cancelliere Helmut Kohl, saputo che Prodi stava per diventare presidente Ue, telefonò a un capo di governo, dicendo: «Volete nominare Prodi? Siete diventati tutti matti?». Altro colpo basso, giacché Kohl è amico di Romano e della moglie. Nel libro scritto dai coniugi, «Insieme», la signora Flavia magnifica due affettuosi soggiorni ospiti del Cancelliere, quando il giuda aveva già fatto la carognata del «siete matti?», ma ancora non si sapeva.

La strada in salita, Romano aveva bisogno di recuperare lustro con un colpo da maestro. L’occasione era a portata di mano: l’allargamento della Ue a 25 Paesi.

Preso da un raptus di europeismo acritico, Prodi ha accelerato allo spasimo l’assorbimento dell’Est ex comunista. Con l’obiettivo immediato di risalire la china e quello remoto di passare alla Storia. Raggiunto lo scopo, si è infilato la medaglia.

La bravata si è rivelata un disastro. L’Ue è nel caos. L’attuale Commissione di José Manuel Barroso è sotto stress. Vista da Bruxelles, l’Europa a 25 è al tracollo. L’ingresso prematuro di Paesi lontani, ha trasformato i palazzi in una babele, con mille nuovi funzionari insoddisfatti delle stanze, ignari delle procedure, estranei. Vista da Roma, Parigi o Madrid, l’Ue fa ribrezzo. È diventata un suk di commerci, senza più ideali e molte paure. Il guazzabuglio di economie diverse e salari distanti anni luce ha portato alla sindrome dell’idraulico polacco che fa per quattro lire quello che il tubista francese faceva per otto, gettandolo sul lastrico di cucine e bagni su cui prima regnava indisturbato.

Il risultato è stata la bocciatura della Costituzione Ue nei referendum francese e olandese: un no globale all’Europa, più che a un mucchietto di articoli che nessuno ha letto. Romano ascolterà pure gli umori italiani nel capannone bolognese, ma ha fatto il sordo coi popoli europei. Quando, prima del patatrac, si pose il dilemma: «Approfondire l’Ue o allargarla?», Romano rispose: «Dobbiamo fare tutte e due». E si sono visti i risultati. Ha fatto lo stesso in questa campagna elettorale. «Risanare i conti pubblici o rilanciare l’economia?», si è chiesto retoricamente. «Le due cose insieme», si è risposto il taumaturgo. Se tanto mi dà tanto, salvaci o Signore! Il Financial Times ha tirato le somme del quinquennio di Prodi in modo tacitiano: «La sua performance è stata orrenda».

Capitolo a sé, sono i rapporti che Prodi ha avuto col Cav. Ha sempre tifato Parigi e Berlino contro Roma (e Londra). No a Bush, no ai soldati in Irak, no alla solidarietà con Israele, sul muro e le rappresaglie antiterrore. Peggio, sul piano personale. Incontrando il Cav ai Consigli europei, Romano si è tenuto distante, ha inalberato un viso da funerale e fatto smorfiette di disprezzo ammiccando ai vicini. Fair play, zero. Il giorno inaugurale del semestre di presidenza italiana Ue, ci fu nell’Aula di Strasburgo il battibecco tra il socialista tedesco Martin Schulz e Berlusconi. Il teutone disse che Berlusconi doveva stare in galera e non lì. Il Cav. reagì con un sobrio: «Kapò». Prodi si imbarazzò per la reazione, non per ciò che l’aveva provocata. Nel successivo pranzo offerto dall’Italia, Romano, cravatta scura e faccia a lutto, comparve appena e un quarto d’ora dopo era sparito.”

 

Commento: Se non credete a quanto sopra scritto, documentatevi. Così magari potete farvi un'idea diversa sulla persona che gli italiani hanno scelto come capo del governo. E se tu sei fra questi, visita il CLUB.

 

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